Home 9 In evidenza 9 Tecnologie 9 Le tecnologie che hanno fatto l’economia. Breve Storia del denaro dal baratto al Bitcoin.

Breve Storia del denaro dal baratto al Bitcoin.

universo virtuale

Il denaro è un prodotto culturale e un’astrazione. Il suo valore è convenzionale e fluttua nel tempo in dipendenza della fiducia nella sua capacità di conservarlo e di mediare gli scambi. 

L’emanazione fisica del denaro, la valuta, ha assunto nei suoi 5000 anni di storia molte forme – conchiglie, monete, pezzi di carta, tessere plastificate e più recentemente, stringhe di codice estratte da un computer. L’ammontare del denaro circolante ad oggi, in dollari, è stimato in 418 trilioni.

Le basi della finanza.

Se si desidera scambiare un’ascia con una grossa preda, è necessario trovare qualcuno che trovi l’affare conveniente. Il baratto tra prodotti con stagionalità diverse, come il grano e le arance, era altrettanto difficoltoso, o quantomeno esigeva una certa fiducia almeno da parte di uno dei due.

Fu così che venne escogitata una terza merce che fungesse da mezzo di scambio, preservando il valore. Poteva trattarsi di pellame, sale, o armi, ma nel mondo occidentale si affermarono soprattutto i metalli, primo tra tutti l’oro, suddiviso in unità di conto chiamate monete.

Da quel momento in poi, tutte le merci divennero interscambiabili e, fatto storicamente anche più importante, venne concepito il tasso di cambio: il valore della moneta, o della moneta-merce, variava nel tempo come conseguenza di fattori esterni alla transazione, come la disponibilità e reperibilità dei beni, la richiesta, o altre contingenze, ovvero tutto ciò che oggi chiamiamo mercato.

Grazie al denaro, non solo si potevano scambiare le merci, ma anche produrne di più.

Ricco come un Creso.

Siamo nel 560 AC quando il re della Lidia Creso coniò la prima moneta a corso legale, cioè prodotta da un’istituzione governativa garante. Realizzata in una lega di oro e argento, riportava figure di animali che la denominavano.

Un vaso di argilla poteva quindi costare due gufi e un serpente.

Nella successiva e lunga fase storica che ci porta fino al Medioevo, la moneta è dotata di valore intrinseco, e non è altro che un lingotto punzonato dal re o dalla repubblica emittente, le quali garantiscono per il loro peso e promettono di accettarla come mezzo di pagamento delle tasse.

Ma c’era un problema.

La moneta cattiva scaccia quella buona

La tosatura delle monete, cioè la sottrazione illegale di metallo prezioso dai bordi attraverso la limatura, produceva una diminuzione del valore intrinseco rispetto a quello nominale.

Inoltre, quando lo Stato navigava in cattive acque, o voleva finanziare l’ennesima guerra, ordinava alla zecca di mescolare il vile rame al metallo prezioso.

In entrambi i casi, non appena i mercanti se ne accorgevano, tendevano a rifiutare le monete “cattive” per essere pagati, e a sbarazzarsene usandole per pagare. Risultato: le monete “buone” sparivano dalla circolazione svalutando il denaro.

Era la nascita del fenomeno inflattivo.  

Pagherò

Mentre Marco Polo già alla fine del 1200 documentava l’uso di cartamoneta in Cina, in gran parte dell’Europa la moneta metallica rimase l’unica valuta in circolazione fino al diciottesimo secolo, anche grazie all’afflusso costante di metalli preziosi dalle colonie.

Il passaggio al denaro in carta in Occidente si rese necessario anche per motivi logistici: le colonie europee d’oltreoceano, in attesa delle lente spedizioni dall’Europa, esaurivano il contante.

Fu così che nel 1685 il governo coloniale franco canadese emise la prima valuta in carta europea, l’IOU, cioè l’acronimo di I owe you – ti devo – come riconoscimento dell’esistenza di un debito.

Il sistema aureo

L’introduzione delle banconote creò un surrogato portatile dell’oro, che continuava a rappresentare il reale valore sottostante. L’ammontare totale della cartamoneta in circolazione doveva quindi essere conservato in oro dalle banche centrali come garanzia. Se questo meccanismo conferiva stabilità nei tassi di cambio tra valute, poneva il problema di gestire i valori in importazione superiori a quelli in esportazione, ovvero il deficit commerciale.

Negli Stati Uniti, il Gold standard sopravvisse fino alla Grande depressione del 1929, mentre nel 1971 venne definitivamente abolita l’intercambiabilità tra oro e dollaro.

Oggi il denaro oggi non è più convertibile in nessun altra forma ricchezza ed è una pura convenzione basata su un atto di fiducia collettivo. 

Denaro dematerializzato, denaro virtualizzato.

Nel ventunesimo secolo le transazioni economiche hanno sperimentato una progressiva virtualizzazione, diventando stringhe di informazione. Che avvengano tramite carte, PC o cellulare, sono però sempre rimaste saldamente ancorate alla moneta ufficiale.

Quando non solo la transazione, ma anche la stessa moneta diventa virtuale, e si produce e scambia esclusivamente per via telematica, si possono concepire rappresentazioni digitali di valore, ovvero le criptovalute, tra le quali la prima e più nota è il Bitcoin.

Se abbiamo certezze sulla sua data di introduzione, il 2009, l’identità dell’inventore è anch’essa criptica, e attribuita ad un fantomatico Satoshi Katamoto.

Un Bitcoin vale ad oggi circa 26.000 dollari, e la sua particolarità è che esiste al di fuori dei governi nazionali e delle banche centrali e private. Più che sui tecnicismi del come, ci concentreremo sulle teorie del perché.

Perché i Bitcoin.

Anche se la definizione valuta nascosta rimanda a scenari di illegalità, di per sé dipende semplicemente dal fatto che è visibile e utilizzabile solo conoscendo un determinato codice, perso il quale il cryptocorrentista può dire addio al suo denaro.

Infatti, non esistono intermediari di servizio che memorizzino le password, il che significa anche assenza di costi “bancari” e di regolamentazione. Inoltre, i trasferimenti possono avvenire facilmente attraverso i confini e le transazioni sono sempre anonime.

Ma la loro ragione d’essere non si esaurisce qui.

Se stentano a decollare come mezzo di pagamento corrente, i Bitcoin si sono invece affermati come forma di investimento per i più temerari perché, al netto del rischio, il loro valore non può far altro che crescere.

Il motivo ?

Satoshi Nakamoto ha previsto nell’algoritmo del software un limite di coniazione di nuovi Bitcoin a 21 milioni, che si stima verrà raggiunto nel 2030, proprio per creare una moneta deflazionistica destinata ad apprezzarsi per la sua rarità, proprio come l’oro.

Una specie di ritorno al futuro.

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