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Musk e FDA sdoganano l’ibridazione uomo/macchina.

universo virtuale

Neuralink, la società appositamente fondata da Elon Musk, ha ottenuto l’autorizzazione alla sperimentazione umana del suo sistema di comunicazione uomo/computer, che prevede l’impianto di dispositivi all’interno del cervello. Il processo di reclutamento online dei volontari è già iniziato.

Un foro di otto millimetri nel cranio.

E’ tutto quello che serve per inserire un microchip collegato a sottilissimi fili, che fungono da elettrodi, iniettati da un braccio robotico ad alta precisione. In una dimostrazione dello scorso dicembre, il robot ha completato l’operazione in 15 minuti, installando 64 fili nella testa di un manichino riempita di una sostanza gelatinosa simile al tessuto cerebrale.

Il semaforo verde della FDA arriva dopo un precedente rifiuto motivato da preoccupazioni legate alla batteria al litio, a possibili danni al tessuto cerebrale dovuti allo spostamento dei fili e alla rimozione del dispositivo – oltre ai risultati non incoraggianti dei test su 23 primati, 15 dei quali hanno riportato un grave evento avverso, la morte.

La scimmia Pager e il suo videogioco preferito.

Pager invece ce l’ha fatta.

Motivata da un premio in frullato di banana, nella prima fase dell’esperimento muoveva ignara il joystick, mentre le sue connessioni neuronali venivano trasmesse ad una App, e quindi ad un PC, dai 2000 fili-elettrodi impiantati nella corteccia motoria.

Il pc registrava l’associazione tra un determinato movimento della mano e la relativa area cerebrale attivata, per calibrare il sistema.

Nella seconda fase, l’algoritmo prende il controllo e la scimmia inizia a giocare senza muovere le mani, perché gli elettrodi sono in grado sia di capitare i segnali in uscita che di stimolare il cervello.

Se sia davvero la scimmia a giocare, è materia per filosofi, che con l’inizio della sperimentazione umana avranno, effettivamente, una bella gatta da pelare.

Musk: “Siamo già cyborg”.

Nella stessa presentazione, Musk minimizza, o meglio banalizza, ciò che ai più sembra un’enormità per le potenziali conseguenze sull’autodeterminazione dell’essere umano.

Quando non sentiamo il cellulare nelle nostre tasche proviamo la sindrome dell’arto fantasma.. siamo già ibridati con le tecnologie.

E si spinge a paragonare Neuralink al famoso braccialetto per monitorare l’attività fisica.

Un Fitbit con piccoli fili per il tuo cranio.

Nobili gli obiettivi dichiarati, ovvero la cura di gravi condizioni come obesità, autismo, paralisi, cecità e patologie neurologiche e psichiatriche.

Ma Musk non nasconde altre motivazioni, probabilmente le più autentiche, legate ai rischi dell’Intelligenza artificiale. Si chiede:

Come possiamo, a livello di specie, mitigare il rischio di una super intelligenza che viaggia a velocità nell’ordine di terabyte per secondo, quando le nostre tecnologie sono limitate dalla lentezza con cui digitiamo o impartiamo comandi vocali ai dispositivi?

Il dilemma sembra trovare una risposta nell’ibridazione uomo/macchina come potenziamento dell’essere umano, per evitare alla nostra specie l’inconveniente di soccombere all’IA.

Una soluzione più inquietante del problema, considerando che si aprirebbe la porta della nostra mente ad un perfetto sconosciuto.  Yuval Noah Harari, storico e saggista, paventa un possibile hackeraggio del nostro cervello, a cura dell’IA e non solo.

I dati del mondo veicolati dall’Intelligenza Artificiale potrebbero finire nelle mani di pochi potenti. La ricetta perfetta per un domani distopico.

 CBS News

Vantaggi collaterali.

Oltre all’ovvia possibilità di navigare sul web a livello intracranico e la telepatia, il device potrebbe garantire l’immortalità digitale, caricando il disco di memoria di un essere umano morente, compresi i suoi ricordi, su un altro corpo oppure su una macchina.

Immense questioni etiche.

Neuralink è una tecnologia così trasformativa da non consentire le mezze misure: può promuovere l’Umanità ad un livello superiore oppure annientarla. I rischi sono legati sia all’uso che all’abuso:

  • La manipolazione del pensiero e del comportamento;
  • La riservatezza, in una sfera ad oggi inviolabile dell’essere umano, il suo pensiero;
  • I possibili danni biologici arrecati dall’impianto.

Non ultimo, l’accesso: se rimanesse confinata al privilegio di pochi, potrebbe generare divari sociali.

Il dibattito è appena iniziato, ma la comunità scientifica è unanime sulla necessità di una regolamentazione.

Vale la pena pensarci ora.

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